progetto minorock

Il progetto Minorock

(testo scritto da Don Daniele Bighi in occasione di un momento spirituale per il Minorock nel 2007)

Il trovarsi insieme a cantare musica Rock con testi cristiani ci chiama ad interrogarci sul senso di una proposta che non è fatta solo per divertire o per divertirsi. Ce lo siamo detti tante volte: se vogliamo suonare non c’è bisogno di così tante prove ne di fare così tanti Km durante l’anno... Proprio per questo proviamo a spendere alcune parole per i giovani che intendono aderire al progetto “Minorock” nato un anno fa e perfettamente innestato nel percorso di animazione musicale del Centro di Pastorale Giovanile diocesano di Mantova.

IL DISCORSO MUSICALE

Primo aspetto decisivo ci sembra sia proprio la musica: la musica d’autore quella che non è fatta con dei giochetti teconologici o che nasce da astuzie commerciali. E’ la musica che scaturisce dalla passione di chi suona uno strumento e che quindi parte da un sentimento capace a sua volta di trasmettere delle emozioni. Condividono questo pensiero coloro che hanno imparato a suonare uno strumento e che con disciplina si applicano per affinare l’arte di fare musica. Non è da sottovalutare quel processo che avviene nel musicista che pian piano decentra la sua attenzione dalle dita (= imparare una tecnica) all’orecchio (= la musica che prende corpo). Si impara così la differenza tra il farsi sentire – o mettersi in mostra - al comunicare una emozione che è sempre qualcosa che va al di là di quello che lo strumentista progetta col suo suonare.

Ci sentiamo orientati a questo “al di là”, a questo “mistero” di comunicazione che è la musica vera; e chi vuol suonare con il Minorock deve accettare l’idea di dover camminare in questa disciplina per imparare. Ci sembra sia questa una semplice forma di rispetto o, si potrebbe dire, “di servizio” per chi viene ad ascoltare: perché possa ascoltare qualcosa di significativo e di ben fatto.

LA CANZONE

Scriveva Vasco Rossi:

«La musica è una grande forma di comunicazione. Se poi ci aggiungi le parole puoi facilmente arrivare al cuore. Ma le parole devono essere poche e perfette, oneste e sincere, secondo me le minime indispensabili. E c’è uno sforzo, una ricerca stilistica dietro a questa semplicità. Questa è l’arte della canzone».

Non è facile scrivere una bella canzone, ma non ci sembra una cosa impossibile provare a costruire la musica attorno ad un messaggio - il Minor e la sua decennale esperienza del Festival ce lo hanno insegnato – visto che qualcosa di buono è uscito anche dalla nostra piccola sala di incisione ci pare importante non sciupare l’occasione di abbinare un testo significativo ad una buona musica.

La cosa che ci preme sottolineare è che il Minorock nasce come gruppo che vuole animare le piazze della GMG sull’onda dei complessi di Oratorio che hanno fatto proprio l’invito che il Papa Giovanni Paolo II ha rivolto agli artisti: di essere portatori del bello, perché il bello rimanda sempre al divino. Noi, legati al mondo dei giovani e delle GMG, ci sentiamo invitati ad essere “sentinelle del mattino” ossia giovani che evangelizzano altri giovani. Molti hanno scelto questa strada e in altri paesi il comunicare la fede con la musica ha generato gruppi capaci di ritagliarsi pure uno spazio commerciale di evidente rispetto. Non tutti i gruppi o il modo di intendere questa evangelizzazione ci piace… E visto che “se alla musica aggiungi le parole puoi facilmente arrivare al cuore” riteniamo importante non sprecare le parole, ne le occasioni di incontro coi giovani che verranno ad ascoltarci. Ecco che allora le nostre canzoni non potranno essere se non orientate a trasmettere la fede. Punto centrale di questo progetto sarà raccontare il “volto” dell’uomo Gesù Cristo, perché tutti lo possano riconoscere come via, verità e vita. Il nostro gruppo Rock ricerca e canta canzoni che provano a raccontare il mistero della persona, della vita, della divinità di Gesù Cristo.

ADERIRE NELLA FEDE ALL’UOMO GESU CRISTO

Cantare la nostra fede in Gesù Cristo significa “evangelizzare” cioè portare a tutti la “buona novella” della vita. Il tema della evangelizzazione è davvero complesso, ma ci pare importante spendere alcune parole per comprendere l’importanza che può avere nel mondo di oggi.

La prendo un po’ lunga ma chiariamo bene, per punti schematici l’orizzonte a cui ci riferiamo:

1.Per gli uomini il pensiero è come una mappa della realtà. Nessuno di noi ha un rapporto diretto con le cose, le persone, col mondo, col tempo! Noi abbiamo sempre un rapporto mediato da tante cose: emozioni, sentimenti, il pensiero, le parole che diciamo a noi stessi che usiamo per orientarci nella realtà. Allora se io sbaglio “la mappa”, se sono povero di “pensieri” rischio di sbagliare la situazione, o sbaglio il sentimento e alla fine sbaglio le categorie per leggere la realtà… Quindi naturalmente sbaglio le scelte e sbaglio ad esistere! Può sembrare una novità, ma noi viviamo abbastanza a secondo del modo in cui pensiamo, ossia siamo abbastanza coerenti con ciò che ci abita dentro. Però se pensiamo male, se abbiamo categorie sbagliate è chiaro che poi l’esistenza ne viene deformata. Quanti ragazzi non conoscono le regole della vita… Quanti giovani leggono la vita a partire dal loro stomaco (= livello infantile)...

Quindi la “vita”, il “pensiero”, i “sentimenti”, vanno insieme. Il problema sarà che vadano insieme in modo giusto: vale la pena allora Evangelizzare il mondo dei giovani perché significa irrorare di luce divina, di speranza l’intera esistenza. Significa aiutare a rendere più ricco il modo in cui pensiamo, il modo con cui parliamo e alla fine significa aiutarci a chiarire il mondo in cui viviamo grazie alla rivelazione del disegno di Dio progettista/creatore/perfezionatore della vita umana.

2.Parlare di Evangelizzazione significa annunciare il disegno di Dio sulla vita. La “buona novella” è dunque una Rivelazione, una novità che ci è stata donata e che non è conoscibile dalla sapienza umana (= nascosta ai sapienti e agli intelligenti). E’ Dio stesso che la racconta all’uomo la vita e il mistero dell’esistenza. La Scrittura ci offre un'antropolo­gia attraverso la quale appare il «progetto-uomo» che Dio e l'uo­mo si prefiggono di realizzare insieme: «Facciamo l'uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza» (Gen 1,26). Dal momento che nella lingua ebraica non esiste il plurale maiestatis, la tradizione rabbinica dice che Dio si rivolge al­l’uomo, a quella terra che stava per plasmare, invitandolo a colla­borare alla realizzazione di questo progetto, da fare insieme nella storia, nel corso dei secoli... In oltre l’uomo realizzato per la bibbia è solo “il giusto”: l'uomo giusto è colui che è capace di vivere nella giustizia, nel l'amore fraterno fino alla compassione, nella ricerca della pace con tutte le creature animate e inanimate. Ma la parola di Dio continua a risuonare lungo i secoli per proporre arrivare a un altro uomo: l'uomo giusto, colui che si fa servo dei fratelli e narra così la vocazione, la verità dell'uomo a prezzo della sua stessa vita. Ed ecco che negli ultimi tempi Dio invia suo Figlio (cf. Eb 1,2), manda la sua Parola che si fa carne (cf. Gv 1,14), sàrx fragile, uomo debole e mortale, l'uomo creatura, figlio di Adamo (cf. Lc 3,38), il terrestre. Lo invia nel mondo perché sia l'uomo giusto e servo de­gli uomini, suoi fratelli.

3.Ecco che si arriva inevitabilmente alla questione Gesù Cristo che per noi è il centro dell’Evangelizzazione. Perché Dio si è fatto uomo? Nella tradizione cristiana orientale si è imposta l'espressione del grande Atanasio di Alessandria (metà del IV secolo): «Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventi Dio». Secondo i padri orientali l'uomo è dunque chiamato al cammino della divinizzazione. I padri occidentali, invece, hanno insistito maggiormente sull'azione di salvezza operata da Dio attraverso Gesù, giungendo ad affermare: «Dio si è fatto uomo per salvare l'uomo». È chia­ro che queste due risposte esprimono fondamentalmente la stes­sa cosa: la trasformazione in Dio (= padri orientali) che è la nostra salvezza (= padri occidentali). Ma sé si approfondiscono queste due soluzioni la risposta può esse­re formulata in un'altra maniera: «Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventi veramente uo­mo!». Nessuno interpreti tale affermazione come una diminuzione, o pensi che tutta la questione si risolva sminuendo la nostra tradizione di fede! No, occorre percepire tutto lo spessore del fatto che Dio si è fatto uomo in Gesù di Nazaret, e questo per mostrarci l'uomo au­tentico, l'adam veramente sua immagine e sua somiglianza, e così insegnarci a vivere in pienezza. D'altra parte è proprio questa la comprensione dell'incarnazione che ci viene presentata nel quarto vangelo:

«Il Verbo - la Parola di Dio - si è fatto carne, ha abitato tra di noi e noi abbiamo visto la sua gloria» (Gv 1,14). Nel III se­colo, quando ormai il cristianesimo è fortemente consapevole del­la propria specificità, soprattutto rispetto al giudaismo, Ippolito di Roma così si esprime: «Noi sappiamo che il Verbo si è fatto uomo, della nostra stessa pa­sta (uomo come noi siano uomini!): perché, se non fosse così, in­vano ci avrebbe domandato di imitarlo. Se quest'uomo, Gesù, fosse stato di un'altra sostanza, come avrebbe potuto chiederci, a noi deboli per natura, di comportarci come lui si è comportato?».

È un testo straordinario! La fede cristiana proclama dunque che Dio si è fatto umano, che Dio si è reso leggibile nella vita di un uomo e che solo un'esistenza pienamente umana è quella in cui Dio, si è espresso in pienezza. Sì, l'uomo Gesù, per noi cristiani, è «l'immagine del Dio invisibile» (Col 1,15), Gesù di Nazaret, uomo visibile come noi, è l'icona, l'immagine del Dio che non si vede. Dice il quarto vangelo nel prologo: «In lui era la vita e quella vi­ta era luce per gli uomini» (Gv 1,4), cioè Gesù è stato un vero vi­vente e come tale ha potuto insegnarci a vivere. Questo è avvenuto per chi gli è stato vicino, ma avviene ancora oggi per quanti cono­scono Gesù attraverso il vangelo, perché vedono con più luce nella propria vita la possibilità di essere conformi alla vita di Gesù. Non si dimentichi tale affermazione! Gesù è venuto certamente a salvar­ci, è venuto certamente affinché noi diventiamo Dio, le due rispo­ste fornita dalla tradizione occidentale e orientale; ma - dice Paolo - egli è venuto a insegnarci a vivere in questo mondo, a mostrar­ci la vera vita umana, vissuta come opera d'arte, come capolavoro! Gesù è venuto a insegnarci questo.

4.Quanto è serio annunciare il Cristo dei vangeli anche per chi vive la vita cristiana… Rischiamo di avere un pensiero sulla fede e quindi sulla vita cristiana davvero inadeguato alla vita. Purtroppo noi cristiani l'abbiamo dimenticato da tempo: Gesù non si è mai manifestato come un Dio venuto con potenza e gloria tra noi uomini. Che cosa è avvenuto, sulla terra, nella storia uma­na? Alcuni uomini, i dodici, alcune donne, in totale una ventina di individui coinvolti nella vita di Gesù, diventati suoi discepoli, han­no saputo vedere nella sua esistenza, nella sua umanità, delle trac­ce di Dio, e per questo durante la vita l'hanno chiamato profeta, maestro, ma nell'alba di Pasqua hanno sentito il dovere di chia­marlo Kyrios, Signore. E qui vorrei dire un cosa molto forte: guai a quei cristiani che «deificano» Gesù e lo chiamano Dio senza aver prima conosciuto la sua umani­tà, la forma della sua esistenza umana spesa e donata agli altri! Se non si compie tale percorso, si continua purtroppo a non essere all’altezza di ciò che il cristianesimo ci chiede. Non dobbiamo dunque «deificare» Gesù e poi, in un secondo momento, leggere la sua vita umana, ma percorrere esattamente il cammino inverso: è guardando alla sua umanità, te­nendo gli occhi fissi su di lui come uomo (cf. Eb 12,2) che capiamo perché lui era Figlio di Dio. Perché è proprio la sua forma di vita che è evangelo, buona notizia! Tutto quello che lui ha fatto per entrare in comunione con gli uomini, nella resurrezione è visibile come luogo del suo ri­conoscimento. Se ci pensiamo bene della resurrezione non ci sono “reliquie”, ma i discepoli lo hanno riconosciuto nello spezzare il pane, nel suo “essere per gli altri” che di fatto ha caratterizzato tutta la sua esitenza…Quell'esi­stenza di Gesù di Nazaret, vissuta nella libertà e per amore, è par­sa a quegli uomini e a quelle donne che vivevano con lui la vita stessa di Dio. Proprio quella vita è l'epifania, la manifestazione di Dio per gli uomini; vita che nell’amore può cancellare anche la morte!

Concludiamo citando un grande Evangelizzatore: San Paolo, che ai Corinti scriveva:

16 Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! 17 Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. 18 Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo. 19 Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero.

Il dovere è trasmettervi la vita portandovi alla conoscenza della verità perché questa è una parola che permette di vivere bene (= è vita per chi la accoglie) e non si può non annunciarla (=un dovere annunciare-condividere questo tesoro). Chiarita la prospettiva (evangelizzare) possiamo studiare le modalità più indicate per l’annuncio… Sicuramente evitando le sdolcinature e – come stiamo già facendo - utilizzando la musica Rock per arrivare al mondo dei giovani portandoli in maniera chiara all’incontro dell’uomo Gesù Cristo, unico modello di umanità.

Aderire al progetto del Minorock a mio parere significa partecipare attivamente a questa idea di evangelizzazione del mondo dei giovani col suonare, cantare, scrivere canzoni, prepararsi agli spettacoli, dare la propria testimonianza agli oratori di qualche parrocchia, aderire a qualche festival-concorso di musica Cristiana, incidere un CD… [...]